Il mio oroscopo dice che “in questa prima parte del 2011 si legge un senso di grande agitazione e scontentezza. I disagi saranno parecchi e potranno riversarsi anche nella vita sentimentale“.
Invece quello di mio marito dice che “Giove, il grande Giove, si trova molto bene nel vostro segno di Terra, forse perché sente il respiro di Venere; riesce a dare molto sotto il profilo dei soldi e dell’amore, tiene unita la famiglia“.
Io un po’ me ne fotto di Urano e di Giove e conto che anche quest’anno possiamo farcela.
Che possiamo continuare a pagare il mutuo e finire di pagare la macchina e poi, forse, andarcene al mare questa estate e raccogliere conchiglie.
Io conto di sentire ancora la rabbia arrivare come uno tsunami nella testa e subito dopo crollare per la stanchezza, di ritrovarmi ancora qualche volta ad arrossire e ad avere le farfalle nella pancia.
Conto di riuscire a non essere mai indifferente, conto di avere la casa piena di gente e un divano letto da preparare. Conto di riuscire un giorno ad entrare in ufficio senza quel senso di nausea e aspetto ancora di diventare grande e sapere gestire i conflitti senza morirci sotto.
Conto di aprire ancora qualche volta la porta di casa e di trovarti solo e avere insieme lo stesso pensiero.
Insomma io conto, anche quest’anno, di esserci. E che ci siate anche voi.
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RIORDINARE L’ANIMA
Sistemare il ripostiglio è un po’ come fare ordine nell’anima.
Svuoti tutto e liberi la mente poi ti giri e guardi sparsi per terra i pezzi di tutta una vita.
Adesso non resta che rimettere dentro un pezzo alla volta, scegliendo cosa tenere e cosa invece è venuto il tempo di buttare perché tutto non ci può stare.
Le valige le rimetto in alto e sono i viaggi che ho fatto ma soprattutto i viaggi che ancora devo fare.
Sono il regalo più bello, il primo volo in aereo e Barcellona ai miei piedi.
Poi ci sono un sacco di scatole grandi e colorate. Dentro ci tengo i disegni dei miei figli, i loro primi temi: “la mamma (…) e il mio papà la fa sempre ridere”. E le cartoline, le lettere e i bigliettini.
Ti ricordi cosa mi hai scritto quando io e il mio pancione abbiamo preso la patente?
Nella scatola blu ci sono i colori a olio, le spatole e i pennelli , ci sono i miei quadri, quelli che dipingevo quando ero una persona migliore e che non ho mai appeso.
Poi ci sono tutte le cose rotte, il vecchio cordless e la segreteria telefonica; in quella cassetta piccola piccola c’è la voce di mio padre che forse un giorno avrò voglia di riascoltare. E c’è il proiettore che non potremo mai più riparare perché le lampade non le fanno più da vent’anni ma ho dieci scatole di diapositive del viaggio di nozze dei miei e di quando ero piccola e quella di mia madre sull’altalena a Ostia che aveva ventiquattro anni e era così bella.
Niente. Qui non c’è niente di cui possa fare a meno.
Non si può buttare la collezione di francobolli di Leo e neanche la borsa di pelle che gli ho regalato per la laurea, non importa se non si chiude più. E il Subbuteo? Neanche a parlarne.
Faccio passare le scarpe e scopro di avere cose che non pensavo di avere ed è un po’ come ricevere dei regali. Scopro una collezione infinita di buste di carta e di plastica, appendiabiti da bambini e non e migliaia di sacchetti trasparenti che “si sa mai possono servire per riporre i maglioni”.
Saltano fuori barattoli di detergenti che non ho mai usato, confezioni vuote di qualunque cosa.
Cerco di separare i ricordi dalle psicosi.
Si può far meglio ma è già qualcosa.
Cinque sacchi di roba da buttare e gli scaffali in ordine. Mezzo piano a disposizione.
Per terra non c’è più niente.
Tutto ha di nuovo un posto.