No, c’ho mica più voglia, ogni anno che passa ricominciare è sempre più pesante.
Allora sai mica cos’ho pensato? Ho messo in piedi una bella gabola. Ora ti spiego.
Devi sapere che son figlio di agricoli. Quand’ero ragazzo, tutte le volte che ero a casa da scuola, d’estate, davo una mano ai miei a lavorare nei campi. E allora ho fatto richiesta di riscattare i contributi di dodici anni di lavoro come coltivatore diretto, da quando avevo quattordici anni a subito dopo la laurea.
Oh, m’han mica respinto la richiesta?! Dicono che non c’è mica niente che provi che io facevo il coltivatore diretto, che basta mica esser figli di contadini. Stronzi, lo sanno tutti che i figli dei contadini danno una mano nei campi. Ma loro no, vogliono le prove. Che prove?, gli dico. Un qualsiasi documento da cui risulti che lei faceva l’agricoltore, mi dicono.
Bon. Com’è, come non è, mi è venuto in mente che una volta, lavorando nei campi, io m’ero fatto male. M’han portato al pronto soccorso e mi hanno tenuto in osservazione uno o due giorni. Sono andato a recuperare la carta di ricovero, e alla voce professione ci avevano scritto coltivatore diretto!
Ho subito fatto ricorso, e adesso aspetto la risposta.
Capisci? C’ho cinquant’anni, verso seimila l’euro per ciascuno dei dodici anni di contributi, e con settantaduemila euro riesco ad andare in pensione fra quattro anni!
…Smettere di lavorare? Ma sei scemo?! Sapessi quanto lavoro mi tocca rifiutare per questo insegnamento del cavolo! Una volta in pensione faccio l’ingegnere a tempo pieno, e tra la pensione e i soldi in più che mi entrano, i soldi dei contributi li ammortizzo in un niente!
Seeh, smettere di lavorare. A cinquantaquattr’anni, figurati!