TRACCE DI PIACENZA/10

Un’altra complicazione, nella lotta di classe del primo Duecento, fu la frequente presenza di nobili nella direzione del movimento di popolo. Ma ciò era avvenuto già nel secolo XI a Milano, al tempo di Lanzone, capitaneus in guerra contro i capitanei, e significava soltanto la necessità per la popolazione non nobile, nel corso della lotta, di scegliere capi dal ceto militarmente più esperto, sfruttandone le discordie interne. Del resto il contrasto fra le fazioni nobiliari, in gara per il predominio politico, non poteva non intrecciarsi con il conflitto di classe: che esprimeva una tensione sociale, ma si poneva anch’esso su un piano schiettamente politico. Ciò anzitutto in quanto l’opposizione alla classe dei nobili era alimentata dall’esigenza di porre un freno alla violenza appunto, con cui le consorterie contendevano per conseguire il potere nell’organismo comunale: basti pensare agli anni di guerriglia, di barricate, di incendi che afflissero Firenze dal 1177 al 1179, quando la consorteria degli Uberti insorse contro la lunga prevalenza della coalizione capeggiata dai Donati. D’altra parte, questa volontà popolare di presenza politica, intesa a costringere i nobili a metodi nuovi nella lotta per il potere, si complicò normalmente con una precisa richiesta di partecipazione effettiva al governo cittadino e di spartizione equilibrata delle cariche comunali, e si tradusse talvolta in una integrale, pur se ancora provvisoria, conquista dell’organismo comunale da parte del popolo: come avvenne a Piacenza nel 1220, quando i milites abbandonarono la città, tornandovi più di un anno dopo per l’intervento pacificatore di un legato papale.

G. Tabacco, La storia politica e sociale. Dal tramonto dell’impero alle prime formazioni di Stati regionali, in AA.VV., Storia d’Italia. Dalla caduta dell’Impero romano al secolo XVIIl . Vol.1: La società medievale e le corti del Rinascimento, Il Sole 24Ore-Einaudi 2005, pp. 184 s.

Leave a Reply

Your email address will not be published.