Sistemare il ripostiglio è un po’ come fare ordine nell’anima.
Svuoti tutto e liberi la mente poi ti giri e guardi sparsi per terra i pezzi di tutta una vita.
Adesso non resta che rimettere dentro un pezzo alla volta, scegliendo cosa tenere e cosa invece è venuto il tempo di buttare perché tutto non ci può stare.
Le valige le rimetto in alto e sono i viaggi che ho fatto ma soprattutto i viaggi che ancora devo fare.
Sono il regalo più bello, il primo volo in aereo e Barcellona ai miei piedi.
Poi ci sono un sacco di scatole grandi e colorate. Dentro ci tengo i disegni dei miei figli, i loro primi temi: “la mamma (…) e il mio papà la fa sempre ridere”. E le cartoline, le lettere e i bigliettini.
Ti ricordi cosa mi hai scritto quando io e il mio pancione abbiamo preso la patente?
Nella scatola blu ci sono i colori a olio, le spatole e i pennelli , ci sono i miei quadri, quelli che dipingevo quando ero una persona migliore e che non ho mai appeso.
Poi ci sono tutte le cose rotte, il vecchio cordless e la segreteria telefonica; in quella cassetta piccola piccola c’è la voce di mio padre che forse un giorno avrò voglia di riascoltare. E c’è il proiettore che non potremo mai più riparare perché le lampade non le fanno più da vent’anni ma ho dieci scatole di diapositive del viaggio di nozze dei miei e di quando ero piccola e quella di mia madre sull’altalena a Ostia che aveva ventiquattro anni e era così bella.
Niente. Qui non c’è niente di cui possa fare a meno.
Non si può buttare la collezione di francobolli di Leo e neanche la borsa di pelle che gli ho regalato per la laurea, non importa se non si chiude più. E il Subbuteo? Neanche a parlarne.
Faccio passare le scarpe e scopro di avere cose che non pensavo di avere ed è un po’ come ricevere dei regali. Scopro una collezione infinita di buste di carta e di plastica, appendiabiti da bambini e non e migliaia di sacchetti trasparenti che “si sa mai possono servire per riporre i maglioni”.
Saltano fuori barattoli di detergenti che non ho mai usato, confezioni vuote di qualunque cosa.
Cerco di separare i ricordi dalle psicosi.
Si può far meglio ma è già qualcosa.
Cinque sacchi di roba da buttare e gli scaffali in ordine. Mezzo piano a disposizione.
Per terra non c’è più niente.
Tutto ha di nuovo un posto.
“Cerco di separare i ricordi dalle psicosi.” Per me questo è difficilissimo.
P.S. Menomale che esiste un luogo dove poter leggere ancora storie come queste. E’ un’emozione che non si spegne.
Ecco: sto cercando di fare la stessa cosa con una casa e una quindicina di scatoloni, che fatica!!
@Cate con una casa è sempre più complicato, ma comunque terapeutico.
Ma poi, com’è questa lampada? Ha un nome? E il proiettore? Potrei avere dei contatti.
Davvero?! Spetta che controllo.
Allora. Il proiettore è un “Rocket3 Ferrania”. La lampada ha di particolare che non è filettata ma ha un attacco ad incastro. Appena posso ti mando una fotina. Intanto auguroni!